Misurare, capire, agire: la strategia dell’efficienza consapevole
Il mercato in stagnazione richiede lucidità operativa!
In un periodo di stagnazione economica, dove i volumi di mercato non crescono e la pressione competitiva aumenta, l’obiettivo non può più essere semplicemente “produrre di più”.
Oggi, la vera sfida è produrre meglio, con meno sprechi, a costi controllati.
In questo contesto, l’efficienza delle macchine e la capacità di interpretare i dati di produzione diventano leve fondamentali per garantire competitività.
Ma come si misura davvero la performance di una macchina?
E, soprattutto, come si trasforma quel dato in un’opportunità concreta di saving?
Capire dove si perde VALORE: OEE, PEE e TEEP
Quando si parla di efficienza produttiva, spesso ci si concentra sull’OEE (Overall Equipment Effectiveness), un indicatore che misura quanto efficacemente una macchina sta operando rispetto al suo massimo potenziale. Tuttavia, per ottenere una visione più completa delle prestazioni, è utile iniziare a ragionare sulla potenzialità di altri indicatori:
- OEE (Overall Equipment Effectiveness): misura la reale efficacia produttiva della macchina, combinando disponibilità, prestazione e qualità. È sicuramente la metrica più comunemente utilizzata per misurare l’efficacia delle apparecchiature di produzione. Si calcola moltiplicando i fattori disponibilità, prestazioni e qualità. Un punteggio OEE perfetto è 100%, il che significa che l’apparecchiatura è disponibile per il 100% del tempo, funziona alla massima velocità per il 100% del tempo e produce prodotti privi di difetti per il 100% del tempo. Sebbene l’OEE fornisca un’indicazione chiara e utile dell’efficienza operativa, non prende in considerazione l’intero ciclo produttivo e non include, ad esempio, i tempi non programmati di fermo.
- PEE (Process Energy Efficiency): valuta l’efficienza energetica del processo in relazione all’output generato. È un indicatore che è entrato nel mirino delle aziende performanti a seguito della crescita dei prezzi energetici, e l’Industry 5.0 ne fa il suo principale indicatore, portando l’attenzione non solo al risultato operativo (OEE), ma anche al processo che deve essere efficiente e non sprecare energia. Il PEE considera il rapporto tra output effettivo e input di risorse teoriche, come l’energia utilizzata, il consumo di materie prime e la manodopera necessaria per produrre una quantità di prodotto. Questo approccio è particolarmente utile in contesti dove la gestione ottimizzata di energia, materie prime e manodopera è cruciale per migliorare la sostenibilità e ridurre i costi operativi. Con l’attenzione crescente verso la sostenibilità e l’efficienza, il PEE diventa un indicatore chiave per l’industria del futuro, dove la riduzione degli sprechi e l’ottimizzazione delle risorse sono prioritari.
- TEEP (Total Effective Equipment Performance): estende il concetto di OEE includendo anche le ore non pianificate, considerando tutto il tempo disponibile, non solo quello programmato. A differenza dell’OEE, che misura l’efficienza durante il tempo di produzione programmato, il TEEP tiene conto anche del tempo non pianificato, come i periodi in cui la macchina non è in funzione ma potrebbe essere disponibile per l’uso (ad esempio, i weekend, i turni extra o le interruzioni non previste). Questo significa che il TEEP può essere inferiore all’OEE se ci sono molti tempi di inattività programmati. Ad esempio, se una macchina è operativa solo durante un determinato turno e non durante il fine settimana, il TEEP ridurrà il punteggio complessivo, poiché tiene conto del potenziale tempo totale di funzionamento. Il TEEP è particolarmente utile per ottenere una visione completa e realistica dell’efficienza dell’impianto, includendo anche le opportunità di miglioramento legate alla pianificazione e all’utilizzo del tempo di macchina. Un’analisi approfondita del TEEP permette alle aziende di capire quanto tempo effettivamente viene sfruttato rispetto a quanto sarebbe possibile, facendo emergere potenziali aree di ottimizzazione.
Questi tre indicatori (OEE, PEE e TEEP) aiutano a quantificare le perdite in modo oggettivo: dove si ferma la macchina, quando produce sotto ritmo, quanto scarto genera, e quanta energia consuma rispetto al prodotto buono realizzato. L’analisi di ciascun parametro offre una visione dettagliata delle cause di inefficienza e consente alle aziende di intervenire con precisione su specifici aspetti del processo produttivo.
Un approccio che integra OEE, PEE e TEEP permette non solo di migliorare le performance della macchina in sé, ma di ottimizzare l’intero ciclo produttivo, riducendo costi, minimizzando gli sprechi e aumentando la sostenibilità operativa.
Oltre il monitoraggio, la diagnosi operativa: Data-еMotion
Misurare è solo il primo passo. Il vero valore è capire il perché delle inefficienze. Un approccio data-driven consente di analizzare i dati raccolti per:
- individuare pattern di microfermate e riduzione di velocità
- correlare le cause ai contesti (turno, operatore, prodotto, lotto)
- identificare comportamenti anomali ripetitivi
- costruire logiche predittive di manutenzione o perdita di prestazione
Con dashboard dinamiche e sistemi di raccolta dati in tempo reale, il dato diventa uno strumento di lettura della realtà produttiva, non solo di consuntivo. Con l’utilizzo di tecnologie IoT (Internet of Things) abbinate ad algoritmi avanzati possiamo raccogliere dati da una macchina in tempo reale e in modo preciso non solo sulla quantità di prodotto fabbricato, ma anche i parametri di temperatura, pressione e velocità della macchina, che potrebbero indicare un malfunzionamento imminente.
Questo tipo di dati consente ai team di produzione di rilevare situazioni anomale, intervenendo prima che il problema diventi critico. La diagnostica predittiva rappresenta un salto qualitativo nella gestione della manutenzione e della performance, rendendo la macchina più intelligente, capace di “auto-monitorarsi”. In altre parole, la macchina non si limita a generare dati, ma diventa un sensore attivo del proprio stato operativo, informando gli operatori su come ottimizzare il processo produttivo, correggere eventuali anomalie, o evitare futuri fermi produttivi.
Piuttosto che reagire a un guasto che interrompe la produzione, l’approccio data-driven consente alle aziende di essere proattive.
Con interventi di Intelligenza Autentica, si possono creare modelli predittivi semplici in grado di stimare quando una parte della macchina potrebbe rompersi, facendo così pianificare l’intervento prima che il guasto accada e/o identificare opportunità di miglioramento che altrimenti rimarrebbero invisibili come ottimizzare le sequenze produttive, minimizzare gli errori di processo e bilanciare carichi.
La chiave è poter analizzare i dati storici e utilizzarli per identificare le tendenze e/o le anomalie ricorrenti che precedono le perdite. Con l’ausilio della visualizzazione dei dati, i responsabili di produzione possono ottenere informazioni cruciali in tempo reale. Le dashboard interattive permettono di monitorare gli indicatori di performance come l’OEE, la velocità di produzione, i tempi di fermo e i livelli di scarto, consentendo loro di focalizzandosi sui colli di bottiglia o sulle inefficienze del processo. In questo modo, gli operatori sono in grado di agire in tempo reale per migliorare la performance complessiva.
È questo l’approccio che noi chiamiamo Data-eMotion, ossia la combinazione:
- di dati integrati in un’unica piattaforma centralizzata che raccogliere, analizzare e visualizzare e trasforma i dati in informazioni in modo coerente e tempestivo
- di una conoscenza approfondita dei processi aziendali (Intelligenza Autentica)
- e di un atteggiamento fattivo e propositivo
Dotando l’azienda non solo del controllo sul processo produttivo, ma di dati ricchi e completi da cui partire per azioni di miglioramento continuo.
L’approccio Data-eMotion non si limita solo alla raccolta dei dati, ma implica una cultura aziendale che vede il dato come strumento di decisione. Ogni livello aziendale – dagli operatori al top management – deve essere in grado di comprendere i dati e tradurli in azioni pratiche. Il passaggio da una cultura reattiva a una cultura proattiva è il vero cambiamento. Non è solo una questione di avere più dati, ma di utilizzarli per prendere decisioni più informate, ottimizzare i processi, risolvere problemi e generare efficienza.
Diagnostiche di secondo livello: il primo vero Digital Leap
OEE, PEE e TEEP offrono uno specchio affidabile delle performance, ma è solo scavando più a fondo che si arriva a diagnosi realmente trasformative.
Infatti, se le misurazioni di base dell’OEE, del TEEP e del PEE offrono una fotografia della situazione, è attraverso le diagnostiche di secondo livello che si ottiene una comprensione profonda e trasformativa del processo produttivo. Questa fase richiede competenze analitiche, strumenti software avanzati e soprattutto una cultura aziendale che valorizzi l’investigazione delle cause.
Le diagnostiche di secondo livello includono:
- Analisi su dati ad alta frequenza: raccogliere dati con frequenza fino al minuto (o anche al secondo) permette di intercettare eventi brevi ma ricorrenti, come microfermate o cali di velocità non evidenti nel dato aggregato. Per esempio, un cambio prodotto che richiede ogni volta 20 minuti in più del tempo previsto, sommato in un mese, può generare decine di ore perse.
- Rilevazione di eventi sotto soglia: spesso le aziende non rilevano fermi inferiori ai 5 minuti, ma è proprio lì che si annida gran parte dell’inefficienza. Una macchina che si ferma 15 volte al giorno per 3 minuti ciascuna perde 45 minuti di lavoro, invisibili ai sistemi tradizionali.
- Cross-analisi tra variabili: incrociando i dati di output (pezzi buoni, tempi ciclo) con quelli energetici (kWh per pezzo), di setup, di manutenzione e di operatore, si scoprono correlazioni che possono guidare scelte operative e strategiche. Ad esempio, si potrebbe scoprire che un certo prodotto, su una determinata macchina e solo in un turno specifico, ha un’efficienza molto più bassa.
- Heatmap e clustering: strumenti di visualizzazione avanzata come mappe di calore e analisi clusterizzate permettono di identificare “zone rosse” di inefficienza nel tempo, facilitando la prioritizzazione degli interventi.
Questo livello di analisi consente di attivare un vero miglioramento continuo: puntuale, mirato e sostenibile.
Questo approccio non è solo data-driven: è decision-driven.